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Filosofia Ikebana

 

Così di volta in volta è stato ieratica costruzione geometrica legata al buddismo esoterico, o ascetica composizione intuitiva, riflesso del pensiero Zen; formalismo calligrafico rispecchiante la rigorosa etica di Confucio o ricerca espressionistica, secondo il gusto e l’intenzione e il ritmo di vita della società che lo generava.

Ma è sempre e soprattutto Natura vivente. Tutto quanto esiste in natura può essere trasformato in materiale compositivo, purché interpretato nella sua essenza di elemento naturale, riordinato e riespresso e, da inerte, reso vivente. All’origine vi è dunque la Natura, fonte inesauribile di materia prima, modello perfetto che l’uomo non può imitare e l’artista (l’Ikebanista) non deve contraffare.

Sorta in Cina nel periodo T’ang, l’Arte dei fiori diventa disciplina in Giappone. Alla base, l’antica e profonda verità che integra l’uomo nella natura e la natura in Dio, identificando l’artista nella creazione e la creazione nel ritmo della natura. L’ikebana nasce dalla osservazione dell’albero e del fiore nel loro ambiente naturale: cielo, acqua e terra. Infatti esso si realizza con l’abilità della mano alleata al sentimento della natura ed evita lo scadimento stilistico con lo studio costante delle forme, la conquista della tecnica, il continuo perfezionamento dei mezzi interiori e manuali. Nessun valore sfugge a questo assiduo controllo: forma, colore, peso, materia e disegno si compensano vicendevolmente e si trasformano da elementi grezzi  in componenti razionali di una costruzione logica ed armonica. E alla base della costruzione, qualunque sia la forma dell’ikebana, troviamo il triangolo. Sistema ternario, tre e triangolo. Sin dalle forme più antiche, gli elementi che definivano la forma nello spazio avevano un nome esatto e indicativo. Il ramo più lungo e importante era considerato qualcosa che si avvicinava al cielo; il ramo più corto era la terra, il ramo intermedio l’uomo. Così nasceva immediata l’immagine dell’uomo mediatore tra cielo e terra.

Triangolo che raffigura il cosmo, simbolo della montagna e del fuoco se ha il vertice in alto, della caverna e dell’acqua se ha il vertice in basso e anche simbolo delle fasi della vita, passato presente e futuro, nascita maturità e morte. Come queste forze si devono armonizzare per formare l’universo, così i rami si devono equilibrare nello spazio senza sforzo apparente. Questa l’essenza dell’ikebana: completezza conchiusa e potenzialità dinamica.

 Tanti modi per esprimere se stessi

Oggi, più che in passato, l’Ikebana è un arte figurativa in continuo divenire con una estetica che segue i dettami di regole compositive proprie ed esclusive.

Nell’Ikebana Ohara convivono senza contraddizione alcuna lo spirito e gli stili legati alla tradizione uniti alla ricerca di forme fortemente innovative proiettate verso il futuro.

Uno degli aspetti che più colpisce chi si avvicina allo studio dell’Ikebana è la infinita varietà e differenziazione delle forme compositive.

Si può spaziare da composizioni molto libere come l’ Hana-isho (l’Ikebana degli anni 2000), dove l’accento viene messo sul cromatismo, sull’accordo di forme e “texture” per realizzare delle composizioni adatte agli spazi abitativi moderni al Moribana (i cui stili risalgono alla fine del 1800), pilastro storico delle forme compositive della scuola che ci consente, seguendo regole consolidate nel tempo, di creare composizioni ricche di fascino e suggestione.

Abbiamo i Paesaggi, Tradizionali e Realistici, che denotano il profondo sentimento di attenzione e di amore verso la Natura che permea tutta l’Ikebana Ohara.

Nei primi, l’ikebanista può esprimere il ritmo rassicurante del succedersi delle stagioni attraverso il riferimento ai modelli precostituiti che caratterizzano i Paesaggi Tradizionali.

Nel Paesaggio Realistico invece ognuno trasferisce liberamente la sua percezione della natura filtrata attraverso la propria esperienza e sensibilità.

Il legame con la tradizione appare altresì evidente osservando le composizioni Heika in vaso alto, dove l’eleganza delle linee diventa elemento predominante.

L’innovazione emerge invece con particolare evidenza nell’Hana-mai (danza dei fiori), creato dal IV Headmaster  Natsuki Ohara dove, utilizzando solamente due o tre elementi si racconta dell’incontro tra fiori diversi.

Soltanto dopo qualche anno ci si potrà avvicinare allo studio del Rimpa e del Bunjin, composizioni che richiedono una conoscenza approfondita della storia dell’arte e delle letterature cinese e giapponese.

Il Rimpa, che si ispira alle composizioni pittoriche della omonima scuola di pittura del periodo Edo, è una forma di ikebana nella quale si cerca di ricreare gli effetti altamente decorativi tipici di queste opere d’arte.

Simbolismo ed espressione poetica li troviamo nel Bunjin, basato sulla interpretazione giapponese della letteratura e della pittura cinese espressione del movimento dei “Literati”.

Sculptural form: creatività senza limiti. La possibilità di esprimere e di realizzare una propria idea senza alcuna limitazione. Ogni materiale e ogni tecnica potranno essere usate per raggiungere il risultato voluto.

Concludendo possiamo dunque dire che colui il quale si avvicina all’ikebana, intraprende un percorso, un cammino che gli consentirà attraverso lo studio e la pratica di questa antica arte orientale di esprimere in modo del tutto nuovo sé stesso.

 LA SCUOLA OHARA   

La Storia della SCUOLA OHARA.

Il Fondatore della Scuola Ohara e Caposcuola (Yemoto in giapponese) è  UNSHIN OHARA ( 1861 –1916).

Nato a  Matsue, città  vicino ad  Osaka, si dedica alla scultura. Dotato di grande talento, rapidamente il suo nome e le sue opere divengono conosciute anche fuori dal suo ambiente.  Purtroppo la salute cagionevole lo obbliga ad abbandonare la scultura. Contemporaneamente però pratica anche l’ikebana e a questa si dedica in seguito completamente

Ama molto la natura e usa fare lunghe passeggiate tra Osaka e Kobe, zona montagnosa e molto ricca di elementi vegetali – dagli aceri al pino,  dalle camelie ai rododendri. .Traendo ispirazione da quei paesaggi cerca, creando delle composizioni molto innovative, di superare l’ikebana calligrafico al momento in voga.

Siamo agli inizi del periodo Meijii  (1868 – 1912).

Il Giappone entra per la prima volta in contatto con l’occidente e dall’occidente arrivano fiori nuovi con colori più  intensi, corolle più pesanti e un rapporto fiore/foglia diverso da quello delle piante giapponesi, nelle quali prevale sempre la foglia,  cioè il verde.

E’ Unshin a creare quello che diventerà la trade-mark della scuola, cioè il MORIBANA, letteralmente fiori ammassati. In questa nuova forma compositiva vengono usati vasi bassi e larghi e i fiori sono inseriti in supporti di metallo e/o piombo che consentono loro di rimanere al posto voluto dall’artista o dalla regola compositiva.

Già con Unshin si evidenziano due diversi approcci all’ikebana: quello che privilegia l’aspetto “natura” e quello che si focalizza invece sul “colore”.  

Nel 1907 si tiene la prima mostra pubblica di ikebana MORIBANA, ma si considera l’anno 1912 come data ufficiale della fondazione della Scuola.

Alla morte di UNSHIN  nel 1916 gli succede, come caposcuola, suo figlio KOUN  (1880 - 1938 )

KOUN, il II caposcuola è  il grande divulgatore. Organizza mostre nei department stores, tiene corsi di ikebana per radio, inventa le dimostrazioni pubbliche.

In queste ultime adotta una tecnica completamente nuova che sarà poi ripresa da tutte le scuole di ikebana: quella di lavorare al contrario, in modo che la gente possa seguire senza problemi la realizzazione della composizione.

Dall’ikebana-natura proposto dal padre Unshin, KOUN sviluppa  il Paesaggio in cui si cerca di rappresentare uno scenario naturale facendo grande uso di falsa prospettiva.

Koun è anche il primo a fare Mizumono, forma di Paesaggio in cui l’acqua diventa la protagonista principale e nel quale si usano piante che crescono in ambienti acquatici (loto, iris, ninfee), isolate o associate alle piante che crescono ai bordi dell’acqua come salice, tiphe, canne,  ecc.

Nel 1938, alla morte del grande KOUN, gli succede il figlio HOUN, III caposcuola il quale però inizia la sua attività creativa solo alla fine della II guerra mondiale.

Infatti è solo nel novembre del 1945 che espone degli ikebana nelle vetrine del grande department-store Daimaru . In queste composizioni che vogliono essere portatrici di un messaggio di speranza, egli utilizza solamente materiali trovati per le strade di Kobe e le piccole piante che sono riuscite a crescere in mezzo alla città devastata.

Nel 1946 con la mostra Sangeiten dà vita a quello che sarà l’ikebana d’avanguardia.

Tutte le mostre e le dimostrazioni tenute da Houn, in Giappone e all’estero, sono  caratterizzate da una sempre rinnovata creatività.

A lui si deve anche la diffusione dell’ikebana Ohara al di fuori dei confini giapponesi.

Nel 1972 NATSUKI (1949-1992) viene designato come futuro IV Yemoto. Molte sono le mostre alle quali partecipa lavorando insieme al padre Houn. Oltre ad interessarsi in maniera molto approfondita di arte moderna, crea delle nuove forme compositive come l’HANAMAI (danza dei fiori) e l’Hana-isho (flower design) nelle quali è evidente un approccio nuovissimo al fiore.

Purtroppo Natsuki, essendo di salute cagionevole come il suo bisnonno Unshin, muore prematuramente nel ’92.

Attualmente il V Yemoto designato è HIROKI, figlio di Natsuki, nato nel 1990.

La scuola Ohara ha avuto la grande fortuna di essere sempre guidata da validissimi caposcuola i quali sono riusciti a trovare, dal primo all’ultimo, forme compositive sempre nuove, coerenti con l’uomo, i suoi pensieri ed il suo tempo.